ANTICA ISTITUZIONE CAVALLERESCA FONDATA A NAPOLI NEL 1381


Sodalizio Cavalleresco


I CAVALIERI DI SAN NICOLA

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L’ORDINE DI SAN NICOLA NEL TERZO MILLENNIO


La tragica morte di Carlo III in Ungheria e il precipitare degli eventi politici e militari italiani, francesi e ungheresi contribuì certamente a far cadere, così come era successo per l' Ordine del Nodo alla morte di Luigi di Taranto, a far scendere l'oblio anche sui Cavalieri di san Nicola. La vedova di Carlo Margherita di Durazzo tenne la reggenza del Regno di Napoli per il figlio minorenne Ladislao fino al 1993. Era già stata regina consorte quando il marito era in vita pur vantando maggiori diritti al trono rispetto a Carlo in quanto figlia dell'unica sorella di Giovanna I. Decise di non risposarsi più dopo la morte del marito e si dedicò con impegno e lungimiranza

all'amministrazione del regno che consegnerà al giovane re. Religiosissima, indossò l'abito di terziaria francescana, e volle essere sepolta con il saio bianco nella cattedrale di Salerno. L'ombra del sospetto che lo stesso Carlo fosse stato il mandante dell'omicidio di Giovanna e la sua morte tragica chiusero nel silenzio gli anni di governo del giovane re durazzesco che pure fu animato nelle sue azioni da grande spirito cavalleresco e da da grandi ambizioni strategiche.


L'Ordine della Nave o degli Argonauti di San Nicola non sopravvisse dunque molto alla morte del suo fondatore, ma lo spirito di solidarietà e i nomi ridondanti dei primi Cavalieri di san Nicola hanno fatto sì che numerosi storiografi italiani e stranieri se ne occupassero nei secoli successivi perpetuandone il ricordo. Così fino al Terzo Millennio. Tuttora i Cavalieri di san Nicola sono noti in araldica e fra i principali Ordini Cavallereschi e Religiosi.


LE CINQUE FASCE DELL'ORDINE


L’ORDINE DELLA NAVE

L' Ordine della Nave (o degli Argonauti) fu creato nel 1381 da Carlo III di Durazzo subito dopo la sua salita al trono. La divisa dell’Ordine era costituita da una nave posta in un mare tempestoso d’argento ricamata sui mantelli bianchi ed impressa sulle armi. In cima all’albero della nave la scritta: “Eques Navis in Regno Neapolitano”, il collare era composto da conchiglie e mezze lune d’argento. L’effigie della nave, veniva anche raffigurata su di una medaglia, appesa al collo con un cordone intrecciato di seta bianca e rossa, terminante con una nappina e del nastro dei medesimi colori. Il copricapo era un berretto di velluto nero, recante una piccola placca in oro con il simbolo della nave sbattuta dalle onde.

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    L'insegna stava a significare la fortitudo della fede dei milites cristiani in mezzo al mare tempestoso dei destini umani. Fortitudo che non cedeva né alle burrascose procelle né col passare del tempo. Essa era anche chiara allegoria della Chiesa di Roma, vista come nave della salvezza per tutti i credenti. Fortitudo che non cedeva né alle burrascose procelle né col passare del tempo. Essa era anche chiara allegoria della Chiesa di Roma, vista come nave della salvezza per tutti i credenti. Il motto fu “Non credo tempori” ovvero ”I nomi degli insigniti non verranno dimenticati dal tempo”. Lo statuto della Compagnia era composto da 152 regole, 67 articoli e 28 ordinatorie; era una vera e propria contabilità del coraggio, un calcolo aritmetico, un rapporto tra le difficoltà dell’impresa e premio d’onore, come magnificamente illustrato da Giuliana Vitale con alcuni esempi: “...poteva aggiungere il timone

    all’insegna, chi si fosse trovato a combattere contro Saraceni...in una battaglia in cui si fossero

    affrontati da parte cristiana 1.500 uomini e da parte nemica almeno 2.000 uomini. Qualora la

    battaglia fosse stata terrestre, il cavaliere avrebbe dovuto essere in prima fila tra i combattenti. Se la

    battaglia fosse stata navale avrebbe dovuto essere tra i primi a sbarcare...un’ancora poteva essere

    aggiunta alla nave per una partecipazione ad un assedio di una città o fortificazioni...le ancore

    sarebbero state applicate al di sopra del livello del mare, se il paese conquistato fosse stato cristiano...immerse nel mare se di Saraceni...La nave sarebbe stata dotata di vele, se il cavaliere si

    fosse trovato a combattere onorevolmente in una battaglia di almeno 1.000 uomini...contro i

    cristiani la vela sarebbe stata bianca, vermiglia, se contro i Saraceni. Furono insigniti dell’Ordine della Nave, tra gli altri, Giannetto Protogiudice di Salerno conte di Acerra e Gran Contestabile del

    Regno, Guerrello Caracciolo detto Carafa Maresciallo del Regno, Arrigo Sanseverino conte di Mileto, Raimondello Orsini conte di Lecce, Angelo Pignatelli, Giovanluigi Gianvilla, Giovanni Lucemburgo conte di Conversano, Tommaso Boccapianola, Giovanni Caracciolo.

Orazio Ferrara “Il saio e la spada”

Ordini cavallereschi e ospitalieri medievali. Il testo si conclude con alcune pagine di notizie sugli Argonauti di San Nicola il saggio storico di Orazio Ferrara dedicato agli Ordini cavallereschi e ospitalieri medievali, pubblicato tra le novità dell’editore salentino Capone. Argonauti sta per marinai, ma i consacrati erano di fatto dei crociati. Raggiungere la Palestina per vendicare con le armi la morte di Gesù e restituire la Terra Santa ai cristiani — spade levate contro ebrei e musulmani, dunque —questo lo scopo della confraternita costituita da Carlo III re di Napoli, Sicilia e Gerusalemme. Ma a differenza dei troni nelle due capitali del sud, quello gerosolimitano era solo virtuale per il già duca di Durazzo e per approdare alle coste del Medio Oriente occorreva attraversare il Mediterraneo. 

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    Proprio questo assegnava ai Cavalieri della Nave o Argonauti di San Nicola il carattere distintivo rispetto a tutti gli altri ordini religiosi-militari del medioevo: “la singolarità di essere un ordine con forti accentuazioni marinaresche”. Considerato che il vero motivo della creazione del nuovo Ordine, nel dicembre 1381, era concedere al suo fondatore e primo gran Maestro un regno prestigioso e il titolo influente di Difensore del Santo Sepolcro, non è difficile comprendere perché la scelta devozionale di re Carlo sia caduta su San Nicola. Non solo era uno dei santi più amati dai monaci-cavalieri, a cominciare dai Templari, ma soprattutto conciliava le esigenze religiose-militari con quelle marinaresche, in quanto protettore di navi e marinai, secondo la leggenda, “dura a morire presso i vecchi marinai di baresi — scrive Ferrara - che il santo, prima di essere vescovo, sia stato un provetto marinaio”. Nelle cerimonie i cavalieri indossavano un mantello azzurro, fitto di gigli dorati ricamati. In testa, un berretto di velluto nero, con una placchetta d’oro che recava l’araldica degli Argonauti: una nave nel mare in tempesta e il motto: Non cedo tempori. L’effigie era anche riprodotta in una medaglia, appesa al collo con un cordone di seta bianca e rossa intrecciata, chiuso da nappina e nastro sempre bicolori. È utile indicarlo visto che l'Ordine della Nave o degli Argonauti di San Nicola è pressoché sconosciuto, non sopravvisse infatti alla morte del suo fondatore, tanto da risultare in piena decadenza già alla fine del XIV secolo.

    Il lavoro di Orazio Ferrara (nato a Pantelleria, vive a Sarno e scrive di navigazione e storica per Capone ed altri editori) è attento anche alla marineria pugliese al tempo dei Templari, tra gli altri capitoli monografici dedicati agli ordini militari diversi da quelli più noti (sarebbe sbagliato dire minori). Oltre ai cavalieri di San Giovanni (poi di Malta), dei Teutonici e del Tempio, altri religiosi armati si sono distinti al servizio della Cristianità: il testo considera innanzitutto i monaci-guerrieri dal bianco mantello dell’Ordine di Santa Caterina, a guardia del Sinai; quelli del Fuoco Sacro o di Sant’ Antonio Abate; della Confrérie de Monseigneur Saint Antoine de Barbefosse; di San Giacomo della Spada e i Monaci Bianchi ospitalieri che operavano in devozione della Materdomini, una delle sette Madonne napoletane. Tra delle più affascinanti, sempre delle meno note, è la Nobile Compagnia dello Spirito Santo del Diritto Desiderio, detta del Nodo d’Amore, i cui bianchi cavalieri dovevano sciogliere il nodo simbolico in caso di uccisione e potevano riannodarlo solo visitando il Santo Sepolcro da umili pellegrini. Nel capitolo sulla marineria pugliese, con i suoi porti d’imbarco strategici verso la Terrasanta, spiccano le consuetudini e ordinamenti marittimi che hanno anticipato le Tavole amalfitane e sono di fatto tra gli antenati dell’attuale codice della navigazione e della disciplina portuale e nautica fatta osservare dalle Capitanerie.

I NUOVI CAVALIERI

 Alla luce delle considerazioni storiche sopracitate e dell'onorificenza di Cavaliere concessagli al merito dal Presidente della Repubblica, il N.H. Giuseppe Massimo Goffredo, dopo attente valutazioni sulla agibilità del nome Ordine di San Nicola o deglia Argonauti di san Nicola o della nave,già benedetto da Papa Urbano VI (Giovanni Brignano Vescovo di Bari), ha voluto onorare il Santo e il suo spirito cavalleresco, inteso quest'ultimo nel senso più nobile della parola, e cioè quale spirito di donazione agli altri e di difesa dei più poveri e più derelitti, ricordando questa pregevole istituzione caduta nell'oblio dei secoli. Dopo 700 anni, certo che nessuna proibizione pontificia sia mai caduta sull'Ordine, che nessun cavaliere ne abbia mai disonorato il nome, Giuseppe Massimo Goffredo ha ritenuto riproporre in tutte le sue funzioni devozionali e sociali l'attività dell'Ordine.


All'Ordine di san Nicola o degli Argonauti di san Nicola o della nave è intitolata una Associazione no profit a scopo sociale e culturale, presieduta dallo stesso Giuseppe Massimo Goffredo e da soci fondatori di stimata personalità. L'Associazione sarà aperta a uomini di buona volontà che vogliano impegnarsi cavallerescamente e senza tranne nessun beneficio economico nella difesa dei principi religiosi, etici, civili e sociali e nella difesa dell'ambiente e degli esseri che lo popolano, con particolare attenzioni al mare, affinchè lo stesso sia mezzo di scambio di culture e di popoli e non di guerre e povertà sotto la guida del Santo Protettore Nicola.

 MESSAGGIO DELL'ARCIVESCOVO DI BARI AI CAVALIERI DI SAN NICOLA

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